Il plurale dei nomi si forma mutandone la desinenza: i nomi femminili in -a prendono la desinenza -e; i nomi maschili in -a e i nomi in -o e in -e, sia maschili sia femminili, prendono la desinenza -i.
All’interno di questo schema generale vi sono tuttavia molti casi particolari. Per comodità, si suole suddividere i nomi in tre classi secondo la desinenza del singolare:
nomi in -a; nomi in -o; nomi in -e.
NOMI IN -A
I nomi che al singolare terminano in -a formano il plurale in -i se sono maschili, in -e se sono femminili:
il problema i problemi
la casa le case
il poeta i poeti
la strada le strade
il geometra i geometri
la pecora le pecore
Ma ala e arma, che sono femminili, prendono al plurale la -i invece della -e: le ali, le armi (ale e arme sono plurali antichi).
I nomi in -ista e -cida e alcuni altri sempre con terminazione in -a, che al singolare sono di genere comune, si comportano al plurale normalmente, cambiando la desinenza in -i se maschili, in -e se femminili:
il giornalista – i giornalisti – la giornalista – le giornaliste
il pediatra – i pediatri – la pediatra – le pediatre
I nomi in -ca e -ga conservano al plurale le consonanti velali /k/ e /g/, ed escono quindi in -chi e -ghi se maschili. in -che e -ghe se femminili:
il monarca i monarchi
la barca le barche
il patriarca i patriarchi
la basilica le basiliche
lo stratega gli strateghi
la bottega le botteghe
Belga perde il suono velare nel plurale maschile: Belgi; ma lo mantiene in quello femminile: Belghe.
I nomi in -cìa e -gia (con i tonica) formano il plurale regolarmente in -cìe e -gìe:
la farmacia le farmacìe la bugia le bugie
la scia le scie l’allergia le allergie
I nomi in -cia e -gia (con i atona) conservano la i se le consonanti c e g sono precedute da vocale, la perdono invece se sono precedute da consonante; perciò nel primo caso il plurale sarà -cie e -gie, mentre nel secondo -ce e -ge:
la camicia le camicie la provincia leprovince
la soda le sode la boccia le bocce
la valigia le valigie la spiaggia le spiagge
la ciliegia le ciliegie la frangia le frange
Ma questa non deve considerarsi una regola; è solo un pratico accorgimento, che semplifica un criterio etimologico, storicamente più fondato ma anche molto più difficile da applicare, secondo cui nel plurale dei nomi in -cia e -gia si conserva la i di latinismi e grecismi, mentre si sopprime la i delle parole di origine popolare. I due criteri, quello pratico e quello etimologico, in realtà possono coesistere: nel senso che i casi di contrasto sono pochi, mentre numerosissimi sono quelli di reciproco accordo. Chi conosce bene il latino e il greco può ricorrere, se vuole, al criterio più propriamente storico; ma anche l’altro va bene, anzi più che bene, se pensiamo alle oscillazioni presenti nell’uso grafico di molti scrittori contemporanei e alla tendenza della moderna ortografia a eliminare sempre più tutte le i superflue (e a scrivere quindi valige, ciliege ecc.)
Solo in alcuni casi particolari il mantenimento della i può rivelarsi utile per evitare la possibilità di equivoci: così se il plurale di camicia, audacia, ferocia viene scritto camicie, audacie, ferocie si elimina qualsiasi confusione con il sostantivo camice, o con l’aggettivo audace. Ma persino in casi del genere la libertà di scelta rimane ampia, e anche uno scrivente consapevole potrebbe semplicemente affidare la comprensione del senso al contesto, lasciando al lettore il piccolissimo sforzo di risolvere il dilemma.
Riassumiamo in uno specchietto la formazione del plurale per i nomi in -a:
NOMI IN -O
I nomi che al singolare terminano in -o prendono al plurale la desinenza -i:
bambino bambini sasso sassi
impiegato impiegati coltello coltelli
Anche uomo forma il plurale in -i, ma con un mutamento nel tema: uomini. Dei pochi nomi femminili in -o. alcuni rimangono inalterati al plurale; mano fa normalmente mani; eco, che al singolare è di preferenza femminile, al plurale è sempre maschile: gli echi.
I nomi in -co e -go non seguono un comportamento costante nella formazione del plurale. In linea di massima, se sono piani, conservano le consonanti velari /k/ e /g/, ed escono quindi in -chi e -ghi; se sono sdruccioli, invece, le perdono e assumono i suoni palatali -ci e -gi:
baco bachi
cuoco cuochi
albergo alberghi
Tra i nomi piani che si comportano diversamente possiamo ricordare:
nemico nemici
amico amici
Tra gli sdruccioli, molto più numerosi:
carico carichi
incarico incarichi
abbaco abbachi
valico valichi
pizzico pizzichi
strascico strascichi
Alcuni nomi, poi, presentano entrambe le forme
Da quello che si è detto, appare chiaro quante incertezze vi siano nell’uso del plurale per i nomi in -co e -go. Se con alcune serie suffissali l’uso è abbastanza stabilizzato (per esempio nei nomi in -fugo è costante il plurale in -ghi: callifughi, ignifughi, profughi), con altre permane una certa oscillazione. In particolare, i dubbi maggiori nascono dai nomi in -logo. Osservando gli esempi citati, è possibile notare come abbiano il plurale in -logi quelli che si riferiscono a persone (ornitologo-ornitologi; e in -loghi quelli che si riferiscono a cose (dialogo-dialoghi, catalogo-cataloghi). Questa differenza potrebbe essere utilizzata come espediente pratico per superare le difficoltà che spesso accompagnano la formazione del plurale di tanti nomi; oltre tutto. si eliminerebbero così varianti popolari come psicologhi, sociologhi, archeologhi. astrologhi
I nomi in -ìo (con i tonica) formano regolarmente il plurale in -ii:
zio zii
pendio pendii
I nomi in -io (con i atona) perdono al plurale la i del tema; escono quindi in -i:
viaggio viaggi
figlio figli
coccio cocci
Ma tempio fa templi.
Alcuni nomi in -io, al plurale, possono essere confusi con altri plurali della stessa grafia; per evitare equivoci si ricorre talora a un segno distintivo, che può essere, secondo i casi, l’accento sulla sillaba tonica, o l’accento circonflesso sulla i desinenziale, o la doppia i finale.
Oggi si tende alla grafia con una sola i e senza segni speciali: sarà il senso generale della frase a risolvere, di volta in volta, ogni possibile dubbio.
Alcuni nomi in -o, che al singolare sono di genere maschile, diventano al plurale di genere femminile e prendono la desinenza -a:
il centinaio le centinaia
il migliaio le migliaia
il miglio le miglia
Anche per i nomi in -o diamo uno specchietto riassuntivo della formazione del plurale:
NOMI IN -E
I nomi che al singolare terminano in -e, passando al plurale, cambiano la desinenza in -i, sia se sono maschili sia se sono femminili:
il giudice i giudici
la canzone le canzoni
il leone i leoni
Bue fa buoi; mille assume nei multipli una speciale forma di plurale derivata dal latino: mila.
I nomi in -ie sono invariabili; soltanto i seguenti non conservano al plurale la stessa forma del singolare:
la moglie le mogli
la superficie le superfici
l’effigie le effigi
Esistono anche le forme invariate le superficie e le effigie, ma sono meno comuni.
Ecco uno specchietto riassuntivo della formazione del plurale dei nomi in -e: