Leggendo una pagina di un qualsiasi libro sappiamo indicare senza dubbie i nomi in essa contenuti:
Alberto, casa, tempo, spirito, gioventù, pianta, concezione, Spagna, nave, flotta, capacità, tristezza, gatto
e così via. Ma se vogliamo dare una definizione del nome ci troviamo in imbarazzo. Grande è la varietà di ciò che può essere designato dal nome: persone, animali, cose, concetti, idee, sentimenti, fatti, entità reali o irreali, esistenti o inesistenti…
Lasciamo per un momento da parte le definizioni fondate sul significato e cerchiamo una definizione del nome fondata sulla grammatica.
Risale ai grammatici dell’antichità l’opposizione tra il nome o sostantivo, che indica una “sostanza”, e il verbo, che indica un processo. Questa distinzione può costituire un utile punto di partenza anche se non sempre si rivela adeguata. Esistono infatti verbi che non indicano azioni o processi ma “stati” (essere, possedere, comportare) e analogamente, nomi che non indicano “sostanze” ma azioni: aggressione, risarcimento, preparazione ecc.
Sul piano morfologico, le due classi sono contraddistinte dalla diversa flessione. Il nome varia:
-nel genere (bambino/bambina);
– nel numero (bambino/bambini);
-in molte lingue, nel caso.
Il verbo varia invece:
-nel tempo (sono, presente; ero, imperfetto; fui, passato remoto ecc.):
-nel modo (sono, indicativo; sia, congiuntivo; sarei, condizionale ecc.);
-nella persona (sono, io; sei, tu; è, egli ecc.).
Anche rispetto all’aggettivo, il nome presenta alcune caratteristiche specifiche; ricordiamo in particolare:
-il tratto «determinato/indeterminato»: il nome, a differenza dell’aggettivo, può presentarsi come determinato (il cane, con l’articolo determinativo o come indeterminato (un cane, con l’articolo indeterminativo un);
-il rapporto di preminenza sintattica, per cui il nome “regge” l’aggettivo e ne determina il genere e il numero: una casa piccola, un abito nuovo;
-l’assenza del grado: da bello si ha bellissimo, ma da bellezza non si ha bellezzissima.
In base al loro significato, i nomi vengono suddivisi in varie classi. Sebbene la suddivisione sia condotta sulla base di criteri semantici, ciascuna classe si differenzia dalle altre anche per determinate proprietà sintattiche. Le distinzioni che seguono (indicheremo soltanto le più comuni) hanno pertanto la loro importanza anche dal punto di vista strettamente grammaticale:
I nomi propri designano un particolare “individuo” di una specie o categoria: un essere umano (Carla), una nazione (Francia), una città (Bergamo) ecc.
Date le loro caratteristiche semantiche, i nomi propri non hanno bisogno dell’articolo per individuare un referente determinato: Marco piange.
I nomi comuni designano genericamente ogni possibile “individuo” di una specie o categoria: essere umano (bambino), animale (elefante), oggetto (sedia) ecc.
I nomi collettivi designano un gruppo di “individui”: un gruppo di esseri umani (popolo), di animali (mandria), di oggetti (mobilia) ecc.
I nomi concreti designano realtà materiali percepibili dai sensi: uomo, leone, strada, tavolo, albero ecc.; i nomi astratti designano concetti che può raffigurare solo la mente: amore, gioia, cattiveria, malvagità, pace ecc.
La distinzione tra nomi concreti e astratti non è sempre chiara; per esempio, sarebbe difficile collocare tra i nomi concreti o tra quelli astratti parole come sonno, malessere, corsa, salto, caduta, arrivo che indicano fatti percepibili dai sensi, ma privi di una consistenza materiale. Del resto, molti nomi possono essere ora concreti ora astratti, secondo l’uso che di volta in volta ne facciamo: celebrità è un nome astratto quando viene adoperato nel senso di ‘fama, rinomanza‘ (raggiungere la celebrità); è invece un nome concreto quando sta a significare ‘persona celebre‘ (è una celebrità nel campo della musica).
I sostantivi possono inoltre essere classificati sulla base della delimitabilità del referente:
I nomi numerabili designano entità delimitabili: sedia, finestra, libro, penna, matita ecc.
I nomi non numerabili, o nomi massa, al contrario designano sostanze amorfe (acqua, vino, sale, colla) o materiali considerati genericamente: (ferro, legno, gomma).
Vediamo alcune proprietà dei nomi non numerabili:
-non posseggono il plurale (non possiamo dire i latti, i brodi); se volti al plurale tali nomi subiscono uno slittamento di significato: i vini (determinate qualità di vino), gli zuccheri, i sali (i diversi tipi di zucchero, di sale, soprattutto in contesti tecnico-scientifici: il fruttosio e il glucosio sono zuccheri semplici; i sali sono composti chimici derivanti dall’unione di un acido con una base), i ferri (gli utensili);
-al singolare possono essere preceduti da alcuni modificatori come l’avverbio abbastanza e gli aggettivi indefiniti molto, poco: c’è poco latte; nel caffè non c’è abbastanza zucchero. I nomi numerabili possono essere preceduti da tali modificatori solo al plurale (ho molti ombrelli ma non molto ombrello);
-prendono l’articolo partitivo singolare del: vorrei del pane, del prosciutto. I nomi numerabili prendono l’articolo partitivo solo al plurale: dei libri, delle scatole, ma non del cucchiaio.
In alcuni casi, le suddivisioni appena esaminate possono sovrapporsi. Per esempio, la distinzione tra nomi numerabili e non numerabili riguarda sia i nomi concreti sia gli astratti. Questi ultimi, denotando entità non percepibili fisicamente e quindi non facilmente delimitabili (ingordigia, cattiveria, pazienza), rientrano per lo più nella categoria dei nomi non numerabili. Tuttavia alcuni astratti, come opinione, dispiacere, virtù, aspetto, che indicano concetti più facilmente delimitabili, possono essere assimilati ai numerabili.
Possiamo parlare perciò di nomi non numerabili astratti (intransigenza, calma, tolleranza, coraggio) e di nomi numerabili astratti (vantaggio, parere, qualità). I nomi non numerabili astratti condividono alcune delle proprietà dei nomi non numerabili concreti. Per esempio, l’uso dell’articolo indeterminativo uno è possibile, ma comporta uno slittamento di significato (la gioia/una gioia). Inoltre, solo i numerabili astratti possono essere volti al plurale: i dispiaceri, i pareri, le virtù di contro a le tolleranze, le pazienze.
Tra i nomi collettivi, ve ne sono alcuni che seguono il comportamento dei numerabili (mandria, flotta, reggimento) e altri (flora, fauna, pubblico) quello dei non numerabili. Alcuni collettivi subiscono al plurale un mutamento di significato: il popolo / i popoli; la gente /le genti; la clientela / le clientele.