Si chiamano complementi i vari componenti della frase che nanna la funzione di completare quanto è espresso dai due componenti fondamentali, soggetto e predicato.
Il complemento si trova in una situazione eli dipendenza rispetto ad altri elementi della frase. Per esempio, nella frase
Giovanni mangia una mela con appetito
i complementi una mela e con appetito dipendono dal verbo mangia; così nella frase
Luisa è arrivata alla stazione all’ora prevista
i complementi alla stazione e all’ora prevista dipendono dal verbo è arrivata.
Il complemento può essere di due specie: diretto e indiretto.
Il complemento diretto è quello che dipende da un verbo transitivo attivo e che è costruito senza preposizione:
Giovanni mangia una mela; il cane segue il padrone;
il comandante dà un ordine; l’onestà appaga l’animo.
Dire complemento diretto equivale a dire complemento oggetto. Nelle frasi citate sopra, i complementi diretti una mela, un ordine, il padrone, l’animo sono dei complementi oggetti.
II complemento oggetto è un sostantivo o una qualsiasi altra parte del discorso che determina l’oggetto dell’azione espressa dal verbo, unendosi ad esso direttamente, cioè senza alcuna preposizione.
Si deve notare tuttavia che l’assenza della preposizione non è un carattere esclusivo del complemento oggetto; anche il soggetto e altri complementi (per esempio, quello di tempo: ho dormito tutta la notte) sono privi di preposizione. D’altra parte, nel caso del partitivo il complemento oggetto è introdotto dalla preposizione di: comperare del pane, bere del vino. Pertanto nel definire il complemento oggetto bisogna tener conto anche di altri criteri.
Il carattere distintivo del complemento oggetto rispetto al soggetto è dato dall’ordine delle parole:
Luisa ama Paolo e Paolo ama Luisa
sono due frasi diverse: soltanto in base all’ordine delle parole possiamo dire che Luisa è soggetto nella prima frase, è complemento oggetto nella seconda.
L’ordine delle parole distingue il soggetto dal complemento oggetto in italiano e in lingue come il francese e l’inglese. Nelle lingue che possiedono i casi (come il latino) l’ordine delle parole può essere – entro certi limiti – libero. Infatti in latino il soggetto si distingue perché è al nominativo, il complemento oggetto si distingue perché è all’accusativo.
Secondo una concezione tradizionale il complemento oggetto è ciò verso cui si dirige, “transita” l’azione del verbo compiuta dal soggetto. In effetti la nozione di complemento oggetto è legata a quella di verbo transitivo.
Si considerano transitivi tutti quei verbi che possono avere un complemento oggetto: leggere, studiare, amare, lodare ecc.; si considerano intransitivi tutti gli altri: arrivare, partire, uscire, impallidire ecc.
Il complemento oggetto del verbo transitivo attivo può diventare il soggetto dello stesso verbo al passivo:
Luisa ama Paolo: Paolo è amato da Luisa.
Questo criterio permette di distinguere costruzioni formalmente identiche come per esempio: ho studiato tutto il libro e ho studiato tutto il giorno. La prima frase (in cui il verbo è usato transitivamente) può essere volta al passivo: tutto il libro è stato studiato da me; mentre la seconda frase (in cui il verbo è usato intransitivamente) non può essere volta al passivo: non possiamo infatti dire tutto il giorno è stato studiato da me.
Si è detto che il complemento oggetto si trova soltanto con i verbi transitivi attivi: tuttavia alcuni verbi intransitivi possono avere un complemento oggetto rappresentato da un sostantivo che ha la stessa base del verbo o presenta un significato affine a quello del verbo. In tal caso si parla di complemento dell’oggetto interno:
passare una giornata tranquilla; piangere lacrime amare
sognare sogni di gloria; dormire sonni tranquilli.
Dal punto di vista del significato si dice comunemente che il complemento oggetto è l’elemento che “subisce l’azione” (o “paziente”) del verbo.
Questa definizione deve essere accolta con una certa cautela. Per esempio, in
Luisa ama Paolo, sole riscalda la terra
si può dire che i complementi oggetti Paolo e la terra subiscono l’azione dei rispettivi verbi. Ma in frasi come
Giacomo ha ricevuto un messaggio;
il prigioniero ha subito maltrattamenti
non si può certo affermare che i complementi oggetti messaggio e maltrattamenti “subiscono” l’azione dei rispettivi verbi; è vero anzi il contrario: sono i soggetti Giacomo e il prigioniero che “subiscono” l’azione espressa dal verbo.
Conviene dunque partire sempre da una definizione grammaticale del complemento oggetto (così come degli altri componenti della frase) e considerare soltanto in un secondo momento una definizione fondata sul significato. Quest’ultima può essere utile per distinguere l’oggetto interno che, come abbiamo visto, riprende un significato contenuto nel verbo.
Sempre in base al significato si può distinguere fra un oggetto esterno stabile: mangiare un dolce, guidare un’auto e un oggetto risultante da un’operazione: confezionare un dolce, costruire un’auto (il dolce esiste soltanto dopo che l’ho confezionato. e altrettanto vale per l’auto)
La considerazione del significato è importante soprattutto per definire la frase riflessiva (il complemento oggetto è identico al soggetto: Mario si lava) e la frase reciproca (in cui due o più soggetti interagiscono: Luisa e Paolo si guardano, cioè Luisa guarda Paolo e Paolo guarda Luisa).
Il complemento oggetto, oltre che da un sostantivo, può essere rappresentato da qualsiasi altra parte del discorso (pronome, verbo, avverbio, congiunzione ecc.) che assuma la funzione di complemento oggetto:
tu lodi questo (pronome) e io lodo quello (pronome);
Maria apprezza leggere (verbo);
Luigi preferisce il poco (aggettivo sostantivato);
non capisco il perché (congiunzione) del suo atteggiamento.
La proposizione oggettiva si pone sullo stesso piano del complemento oggetto, del quale si può considerare una forma ampliata, un’espansione; infatti in vari casi un complemento oggetto può essere sostituito con una proposizione oggettiva:
vedo il vostro abbattimento -> vedo che siete abbattuti.
Consideriamo due frasi, ciascuna con tre varianti
1. Il pastore precede il gregge
Il pastore segue il gregge
Il pastore accompagna il gregge
2. Il pastore cammina davanti al gregge
Il pastore cammina dietro il gregge
Il pastore cammina accanto al gregge
Nelle due frasi, che hanno lo stesso significato, il sostantivo il gregge si riferisce al verbo: è il complemento del verbo; vale a dire che serve a stabilire un punto di riferimento per il camminare del pastore. In base al solo significato non possiamo distinguere il complemento indiretto di 2 (costruito con una preposizione: davanti a, dietro, accanto a) dal complemento diretto di 1 (costruito senza preposizione).
Osserviamo che in 1 il significato del verbo comprende anche la relazione di luogo, mentre in 2 la relazione di luogo è espressa a parte, mediante la preposizione.
Come appare, ci sono due modi di rappresentare la stessa realtà, due modi che comportano delle differenze: il verbo camminare (più generico perché privo della determinazione di luogo) può stare facilmente da solo: il pastore cammina, mentre il verbo precedere (più particolare perché ha in sé la determinazione di luogo) più difficilmente si può trovare da solo: il pastore precede. Verbi come precedere, seguire, accompagnare sono meno autonomi rispetto a un verbo generico come camminare: pertanto hanno bisogno di essere completati mediante il complemento oggetto.