La parola pronome deriva dal latino PRONOMEN ‘che sta al posto di un nome (nomen)’:dunque i pronomi dovrebbero essere i sostituti del nome.
In molti casi questo è vero; per esempio nell’espressione egli è uscito, il pronome egli sta al posto di un qualsiasi nome comune o proprio, come: Mario è uscito ecc.
Ma nelle frasi io scrivo, tu lavori, i pronomi io e tu non sostituiscono nessun nome: infatti non sono intercambiabili con altri termini.
La definizione dei pronomi personali, quindi, è diversa secondo le “persone”: i pronomi di prima e seconda persona hanno l’ufficio di vero e proprio nome “indicativo” e rappresentano rispettivamente chi parla e chi ascolta; il pronome di terza persona sostituisce sempre un nome ed indica colui del quale si parla.
Più precisamente, diremo che un pronome personale ha funzione deittica quando si riferisce a una cosa o una persona presenti all’atto della comunicazione. Il pronome personale ha funzione anaforica quando si riferisce a una cosa o a una persona precedentemente menzionate nel discorso. I pronomi di prima e seconda persona possono avere solo funzione deittica, i pronomi di terza persona possono essere impiegati sia deitticamente sia anaforicamente.
Nella frase tu verrai con me, voi aspetterete qui, posso capire a chi si riferiscono i pronomi deittici tu e voi solo se sono presente alla conversazione (chi parla avrà accompagnato la frase con un gesto o un ammiccamento). Se la stessa frase compare in un testo scritto, privo di un contesto situazionale, per individuare i referenti dei pronomi avrò bisogno di ulteriori chiarificazioni che rendano esplicito il contesto:
X disse a Y «tu verrai con me»; poi, rivolgendosi a W e Z aggiunse: «voi aspetterete qui».
Per quanto riguarda la terza persona, sono deittici i pronomi delle frasi 1 e 2, anaforici quelli della frase 3:
1. lui si occuperà dell’organizzazione del convegno (frase accompagnata da un gesto che indichi uno dei presenti);
2. lo svuoti per cortesia? (domanda accompagnata da un gesto che indichi il posacenere);
3. Marco entrò di corsa nella stanza; non appena lo vidi gli chiesi come mai andasse così di fretta. Lui rispose di essere in ritardo ad un appuntamento con Claudia.
L’elemento a cui rinviano i pronomi anaforici (nell’esempio 3 Marco) viene definito antecedente. Solo i pronomi anaforici, non quelli deittici, possiedono un antecedente.
Raramente il pronome precede anziché seguire l’antecedente: parleremo in questo caso di funzione cataforica del pronome. Tale funzione, nell’ambito dei pronomi personali, è svolta quasi esclusivamente dai pronomi atoni:
la vuoi un’aranciata? lo vedo che sei ubriaco
Antecedente e forma pronominale sono legati da una relazione di coreferenza poiché rinviano alla medesima realtà extralinguistica (nelle frasi che seguono, gli elementi coreferenti saranno accompagnati dallo stesso indice numerico). Sebbene il più delle volte vi sia un’assoluta identità tra antecedente e pronome, in alcuni casi la relazione semantica tra i due elementi può essere complessa:
-il pronome può riferirsi ad un oggetto concreto diverso dall’antecedente, tuttavia appartenente alla stessa classe: Marco porta sempre con sé [la carta di credito], Andrea [la] tiene in un cassetto;
-l’antecedente può indicare un oggetto ipotetico e il pronome riferirsi in modo non specifico ad un oggetto della stessa classe: se vincerò [una medaglia] [la], dedicherò a te; comprerò [una nuova libreria], e [la], sistemerò in corridoio. In questi casi è possibile negare la seconda ma non la prima proposizione: se vincerò una medaglia non la dedicherò a te, ma se non vincerò una medaglia la dedicherò a te; comprerò una libreria nuova e non la sistemerò in corridoio, ma non comprerò una libreria nuova e la sistemerò in corridoio;
-il pronome può riferirsi non al significato dell’antecedente ma al suo significante, cioè alla sequenza fonica che lo rappresenta; si attua in questo caso un riferimento metalinguistico: Cosa? me [lo] puoi sillabare?
Secondo il numero, tutti i pronomi personali hanno il singolare e il plurale; secondo il genere, sono invariabili nella prima e seconda persona, variabili invece nella terza. Inoltre i pronomi personali presentano forme differenziate in rapporto alla funzione sintattica svolta, e precisamente hanno una forma per il soggetto e due forme per i complementi, una eletta tonica o forte, l’altra atona o debole.
PRONOMI PERSONALI SOGGETTO
Il pronome personale soggetto di prima persona è io per il singolare, noi per il plurale; quello di seconda persona è tu per il singolare, voi per il plurale. Quello di terza persona dispone di una maggiore varietà di forme: tre coppie per il singolare (egli-ella, lui-lei, esso-essa); per il plurale, la coppia essi-esse e la forma loro, che ha valore sia di maschile sia di femminile.
Egli e lui si usano con riferimento alle persone ( lui, specialmente nella lingua parlata, si riferisce anche agli animali e alle cose); esso è usato per animali e cose:
ho parlato con il direttore, egli (ma comunemente lui) mi ha assicurato il suo interessamento;
cercai di trattenere il cavallo ma esso (o anche lui) proseguì la corsa;
un importante compito vi è stato affidato: esso dovrà essere eseguito nel miglior modo possibile.
La stessa differenza non si riscontra tra lei ed essa; la forma essa è riferita anche a persone, ma il suo uso è sempre meno comune e ha un carattere letterario o regionale. Analogamente a lui, la forma lei si riferisce, specialmente nella lingua parlata, anche agli animali e alle cose.
avverti tua sorella, forse essa (ma comunemente lei) non lo sa ancora, ho cercato di prendere la gattina, ma essa (o anche lei) è scappata.
La forma ella è ormai caduta in disuso, specie nel linguaggio parlato, ed è sentita come letteraria e solenne.
Le forme del plurale essi-esse servono per indicare tanto le persone quanto gli animali e le cose; loro è usato con riferimento alle persone (e, specialmente nella lingua parlata, anche agli animali):
li ho guardati in viso, essi (o loro) abbassarono gli occhi;
all’ingresso della villa c’erano due cani: essi (o anche loro) stavano per mordermi; il Parlamento ha emanato nuove leggi: esse prevedono la modifica dell’ordinamento giudiziario.
Nell’uso vivo e familiare, ma sempre più anche nella lingua scritta, si sono affermati come pronomi di terza persona in funzione di soggetto le tre forme di complemento lui, lei, loro, mentre egli, ella, essa, essi, esse caratterizzano certi usi letterari e lo stile formale (ma essa è anche regionale):
lui (= egli) non è d’accordo;
lei (= ella, essa) è partita;
loro (= essi, esse arrivano domani.
In particolare sono obbligatorie le forme lui, lei, loro anziché egli, essa, ella, essi, esse:
-quando si vuole mettere in rilievo il soggetto, nel qual caso il pronome si pone dopo il verbo: ci va lui; l’ha detto lei; sono stati loro;
-quando il pronome è in funzione di predicato: non sembrava più lui; se io fossi lei; ma noi non siamo loro;
-dopo come e quanto, cioè in complementi di paragone: sei bravo come lui; ho studiato quanto lei; sono dispiaciuto quanto loro;
-tra ecco e che relativo: ecco lui che non ce crede; ecco loro che arrivano sempre tardi;
-nelle contrapposizioni: lui dice di sì, lei di no; lui dettava e lei scriveva;
-quando il verbo è al gerundio o al participio: essendoci lui, eravamo più tranquilli; sposatasi lei, rimasero soli; partiti loro, ce ne andammo anche noi;
-nelle esclamazioni ellittiche: contento lui, contenti tutti!, beata lei!, felici loro!
-in altre espressioni mancanti del verbo: chi è stato?. ricchi loro? Ma non farmi ridere!;
-dopo anche, neanche, pure, neppure, nemmeno: anche lui era assente; non lo sa neanche lei quello che vuole; nemmeno loro l’hanno visto.
Anche le forme soggettive della prima e seconda persona singolare io, tu vengono talvolta sostituite dalle forme complementari me, te. Ciò accade:
-dopo come e quanto: arrangiati anche tu come me; sono contento quanto te. Ma se il verbo è ripetuto si adoperano io e tu: arrangiati anche tu come mi arrangio io: sono contento quanto sei contento tu;
-quando me e te sono in funzione predicativa e il soggetto è differente: tu non puoi essere me; se io fossi te. Quando il soggetto è lo stesso si hanno le forme io e tu: sono sempre io; da un po’ di tempo non sei più tu; me e te tornano però quando sono preceduti dall’infinito del verbo essere e seguiti dall’aggettivo d’identità stesso: voglio essere me stesso; cerca sempre di essere te stesso
-nelle esclamazioni prive di verbo: povero me!: beato te
L’impiego di te come pronome soggetto è caratteristico di più varietà regionali di italiano, fra cui quella toscana (te vai via, te non fai mai quello che ti dico). Te in funzione di soggetto è diffuso anche nell’uso più formale in frasi con due soggetti coordinati, quando il pronome di seconda persona singolare sia al secondo posto (io e te, Marco e te allato a tu e io, tu e Marco). E invece limitato alla sola varietà settentrionale l’uso di me come soggetto: il padrone sono me.
In italiano l’uso del pronome personale in funzione di soggetto è piuttosto limitato; in genere le forme soggettive vengono sottintese quando la forma verbale è univoca e non sono possibili incertezze d’interpretazione:
ho letto una notizia interessante; sei tornato presto.
Il pronome viene invece espresso:
-quando si vuole dare particolare rilievo al soggetto (enfasi), soprattutto nelle contrapposizioni:
io lavoro dalla mattina alla sera mentre tu ti diverti;
-quando ci sono forme verbali (particolarmente del congiuntivo) che potrebbero creare confusione circa la persona del soggetto:
ritengo che tu non sia all’altezza della situazione;
pensava che tu amassi Anna.
La voce verbale sia significa ugualmente io sia, tu sia, egli sia; allo stesso modo amassi può valere io amassi, tu amassi; è necessario quindi il pronome per evitare ambiguità.
Il pronome personale soggetto può essere rafforzato da stesso: io stesso, tu stesso ecc.; e da altri, limitatamente alla prima e seconda persona plurale: noi altri, voi altri (o, in grafia unita, noialtri. voialtri).
PRONOMI PERSONALI COMPLEMENTO
Le forme del pronome personale in funzione di complemento sono due, ben distinte tra loro
-una forma tonica o forte, che dà al pronome un particolare rilievo;
-una forma atona o debole, che nel discorso si appoggia al verbo.
Forme toniche dei pronomi personali complemento
Alla prima persona singolare io corrisponde nell’ufficio di complemento la forma me:
cercavano me; stanno parlando di me; vieni con me; l’ha fatto per me; lo ha consegnato a me; è venuto da me.
Alla seconda persona singolare tu fa riscontro in funzione di complemento la forma te:
vogliono te; ho paura di te;
Le forme noi e voi (rispettivamente prima e seconda persona plurale) sono comuni al soggetto e ai complementi:
ridono di noi; hanno fiducia in voi.
Il pronome di terza persona in funzione di complemento è sé quando ha valore riflessivo, cioè quando si riferisce al soggetto della frase:
ha troppa stima di sé; pensano solo a sé.
Quando invece indica una persona diversa dal soggetto, assume le forme lui per il singolare maschile, lei per il singolare femminile, loro per il plurale maschile e femminile: vado con lui; non mi dimenticherò mai di lei; fai pure affidamento su di loro. Le forme esso, essa, essi ed esse, in funzione di complemento, si riferiscono soltanto agli animali e alle cose (con riferimento agli animali si usano anche, specialmente nella lingua parlata, lui, lei, loro); il loro uso ha poi un’ulteriore limitazione: possono adoperarsi come complemento indiretto, cioè preceduti da una preposizione, ma non come complemento oggetto. Per esempio:
è una trama troppo debole: su di essa è impossibile costruire un romanzo;
ma in funzione di complemento oggetto si userà la forma atona lo:
vedi quel libro? portamelo, (e non portami esso).
Le forme complementari toniche, come già quelle soggettive, possono venire rafforzate con l’aggettivo d’identità stesso:
non sono contento di me stesso; conosci te stesso;
fa solo del male a sé stesso (anche senza accento: se stesso);
pensano sempre a sé stessi (o se stessi) e mai agli altri.
Forme atone dei pronomi personali complemento
I pronomi atoni si differenziano da quelli tonici per le seguenti proprietà:
-non hanno corrispondenti forme soggettive;
-precedono o seguono immediatamente la forma verbale: il nesso verbo + pronome atono (a differenza del nesso verbo + pronome tonico) non può essere spezzato mediante l’inserimento di altri elementi: possiamo per esempio dire la musica piace molto a me; Maria vede tutti i giovedì loro ma non la musica mi molto piace; Maria tutti i giovedì vede. Tra il verbo e il pronome atono può inserirsi soltanto un altro pronome atono glielo dirò; me lo spedirò.
-non possono essere usati in costruzioni che comportano la messa in rilievo del pronome: è a lui che ho prestato un libro ma non lo che ho prestato un libro;
-non possono comparire in assenza del verbo: alla domanda chi è arrivato? possiamo rispondere lui ma non Io.
Le forme atone si adoperano soltanto per il complemento oggetto e per il complemento di termine. Ad esse corrispondono le forme toniche già esaminate; così
mi vale ‘me’ e ‘a me’:
mi chiamano; mi raccontò tutto;
ci vale ‘noi’ e ‘a noi’:
ci ingannò; ci hanno scritto;
ti vale ‘te’ e ‘a te’:
ti accompagno; ti manderò un bel regalo;
vi vale ‘voi’ e ‘a voi’:
vi ascolto; vipenso sempre.
La forma atona del pronome di terza persona è si ( = sé e a sé) nell’uso riflessivo, cioè quando si riferisce allo stesso soggetto:
si guardarono allo specchio; il cane si leccava laferita.
Alla terza persona singolare e plurale, quando non si riferisce al soggetto della proposizione, il pronome presenta una duplice serie di forme: lo (singolare maschile), la (singolare femminile), li (plurale maschile), le (plurale femminile) per il complemento oggetto; gli (singolare maschile), le (singolare femminile), loro (plurale maschile e femminile) per il complemento di termine. Per esempio:
lo (= lui) vide fuggire; la (= lei) incontro spesso;
comunicai loro (= a loro) la notizia.
Per quanto riguarda la collocazione, noteremo che loro, a differenza degli altri pronomi atoni, è posposto al verbo. La collocazione proclitica (cioè anteposta al verbo) è assai rara nella lingua d’oggi; può verificarsi occasionalmente nel linguaggio burocratico in presenza di un participio:
le competenze loro spettanti, le pene loro comminate.
Loro può inoltre essere interposto fra ausiliare e participio:
si recarono al ristorante ch’era stato loro indicato; le agevolazioni che hanno loro consentito di attenuare le perdite;
e, più in generale, tra verbo reggente e verbo retto:
il rifornimento di carburante ha fatto loro perdere il vantaggio acquisito.
Le forme lo, la, gli, le sono uguali a quelle dell’articolo determinativo e si comportano allo stesso modo per quanto riguarda l’elisione. Soltanto quando l’apostrofo può originare confusione sul genere maschile o femminile, si evita di elidere la vocale per non creare ambiguità; perciò si scrive lo aiutai o la aiutai invece di l’aiutai.
Nell’italiano cli oggi è sempre più frequente l’uso di gli al posto di loro: li invitai a casa e gli offrii un aperitivo.
Nella lingua parlata e familiare gli tende anche a soppiantare la forma femminile singolare le:
se la vedi non dirgli niente (in luogo di non dirle).
Nella lingua scritta e nel parlare accurato è bene tuttavia mantenere la distinzione gli / le.
Si è detto che alle forme atone corrispondono perfettamente quelle toniche; ci si può allora domandare se sia preferibile l’uso delle une o delle altre. La scelta dipende dal rilievo che si vuole dare al pronome. Per esempio, mi chiamano/chiamano me sono due frasi molto diverse: nella prima il pronome ha valore di semplice indicazione, nella seconda invece assume una particolare intensità, come se chi parla volesse dire ‘chiamano proprio me e non un altro’, sono io ad essere chiamato.